“Kathmandu è una città incredibile: un fuoco d’artificio in pieno volto mentre apri gli occhi al giorno che ancora non ha il sole!” Questo scrissi su un sms per avvisare che ero arrivato a destinazione e rendere partecipe del mio stupore. Avevo programmato questo viaggio da qualche mese e la decisione di viaggiare da solo l’ho presa non perché mi stia trasformando in un orso ma semplicemente perché in un viaggio così bisogna avere grande spirito di adattamento e per questa ragione ho preferito non rischiare e viaggiare solo!
La prima grande avventura è stata raggiungere l’albergo con l’autista. In Nepal hanno la guida a destra e quindi avevo la sensazione di andare costantemente contromano e poi lì non esiste destra o sinistra, si guida a vista e si passa dove è possibile, cercando di non incastrarsi tra un bus, una moto e un risciò. Finalmente arriviamo in albergo nel quartiere di Thamel (la zona più commerciale e meglio servita per i turisti). Mi accompagnano nella stanza. Diciamo che ho dovuto rivedere il concetto di stanza d’albergo ma d'altronde per otto dollari al giorno non posso pretendere: Il riscaldamento è un lusso da paesi ricchi e l’energia elettrica e l’acqua calda, capricci da occidentali…this is Nepal!
Esco dall’albergo per fare due passi e cercare di capire dove mi trovo. Cerco di prendere dei punti di riferimento ma il mare di persone, di piccoli taxi e di moto che sfrecciano in mezzo alla gente, strombazzando col clacson in continuazione, mi disorientano e riescono a farmi perdermi! Mi sento come Pinocchio inghiottito dalla balena. Kathmandu mi ha fagocitato in un solo boccone, gnam!!!
Dopo quattro giorni in giro per Kathmandu a visitare Patan, Pashupatinath, Boudhanath Stupa, parto per un trekking di tre giorni tra Shisapani e Bakhtapur nella Kathmandu Valley per vedere la catena Himalayana. Una leggera pioggia e freddo accompagnano me e Bizé (la Guida) tra i villaggi delle montagne intorno a Kathmandu. Il posto è famoso per il suo panorama sulla catena Himalayana, ma visto le condizioni meteo riesco giusto a scorgerla per qualche minuto.
Migrazione verso il Chitwan National Park. I trasferimenti su bus locali sono stati la parte più avventurosa e più “pericolosa”, ma sicuramente le migliori occasioni per conoscere la compostezza e la gentilezza del popolo nepalese: almeno 50 persone su un bus che ne potrebbe trasportare al massimo una trentina…seduti, in piedi, dentro e fuori!
Finalmente arrivo sano e salvo a Sauraha, un villaggio all’ingresso del parco. Finalmente una temperatura gradevole. Dopo il trekking al freddo e una doccia tiepida in una stanza d’albergo gelata sono riuscito ad ammalarmi. Il calore del sole allevia il mio raffreddore e mi fa recuperare un po’ di energie. Due giorni in giro per il parco, in canoa e a dorso d’elefante per vedere rinoceronti, cervi, scimmie, coccodrilli e altri animali tipici della Jungla.
Pokhara, è la seconda importante meta programmata. L’albergo è carino e Pokhara col suo lago Phewa Tal e l’Annapurna che la sovrasta, trasmette rilassatezza. La Loonly Planet oltre a descrivere il luogo ne decanta i barbieri e visto che in quindici giorni sono riuscito a fare solo una doccia ne approfitto per farmi radere e farmi dare una spuntatina (shampoo compreso) ai capelli. I barbieri sono due ragazzini indiani di 18 anni che parlavano un inglese peggiore del mio ma seri e professionalmente preparati. Dopo aver pagato, trattando sul prezzo perché volevano farmi pagare anche il massaggio alla testa (non richiesto), prendo la macchina foto e gli faccio qualche scatto. Dopo il rest day con rasatura, faccio un giro a piedi per la città vecchia di Pokhara. La Old Pokhara riscatta un po’ la delusione delle attrattive turistiche proposte dalla Loonly: meravigliose case medievali trasformate in botteghe ed abitazion in perfetto stile nepalese.
Per spezzare un po’ il viaggio che mi porta da Pokhara a Lumbini, città natale di Siddartha, mi fermo un giorno a Tansen. Meno frequentata dai turisti, è il posto che più mi ha fatto sentire a mio agio, pieno di gente sorridente, educata e ospitale.
Dopo un viaggio stremante arrivo a Lumbini, consulto la guida e trovo un lodge carino, poso i bagagli e faccio due passi di rilassamento. E’ pomeriggio, non c’è il sole ma una nebbia alta che diffonde la luce e crea un’atmosfera quasi irreale. Quel villaggio in mezzo alle risaie costituito da capanne fatte con canne e fango, i buoi legati fuori dalle capanne e la pace che regna lo fanno assomigliare ad un grande presepe vivente. Il giorno dopo anziché correre a visitare i vari templi realizzati e in fase di costruzione, noleggio una bicicletta e mi perdo per le campagne intorno Lumbini. Sono più incuriosito dalle persone, dalla loro vita che dai vari templi. Nel tardo pomeriggio consegno la bicicletta ed entro nel Secret Garden, il giardino che ha accolto Siddartha alla sua nascita e devo confessare che ho percepito maggiormente il fascino Buddista a Kathmandu nello Boudhanath Stupa.
Go back in Kathmandu! Mancano due giorni alla fine del mio viaggio: uno per il trasferimento da Lumbini (10 ore di bus) e uno per fare shopping…anzi solo qualche ora per gli acquisti perché c’è una bella luce e io più che souvenir voglio portare a casa quei volti, quei luoghi. Voglio portare a casa quelle espressioni di serenità, dignità, e gentilezza del popolo Nepalese. La povertà gli sta addosso come la polvere sulle loro strade, come i panni stesi sui loro templi medievali eppure hanno uno splendore e una ricchezza interiore che traspare anche fuori!
Consiglio a tutti un viaggio così. Siddartha si allontana dalla sua prigione dorata semplicemente perché quando ha scoperto che nel mondo esisteva la povertà, la malattia e la morte, il suo desiderio di capire lo ha costretto ad un percorso interiore che lo ha portato all’illuminazione. Se osserviamo attentamente quello che ci sta intorno e se ascoltiamo quello che il nostro cuore chiede vuol dire che in ognuno di noi c’è un piccolo Siddartha, namaste!
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